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Taglio pensione fino a 1.000 euro: ecco chi rischia

Sarebbe bello scrivere solo pezzi rassicuranti, in grado di mettere col buonumore i lavoratori, i pensionati e, perché no, i disoccupati. In un periodo negativo come quello in cui ci troviamo non ci sarebbe davvero nulla di più rivitalizzante di una buona notizia. Tuttavia, commetteremmo un grave errore nell’ignorare la realtà, comprese le prospettive riguardo al 2021. Secondo quanto fanno sapere gli esperti sono a rischio gli ex lavoratori di fascia media, con un taglio pensioni potenzialmente in grado di spingersi fino a 1.000 euro. 

L’andamento economico dell’anno in corso ha assestato un duro colpo alle finanze dello Stato nonché al bilancio familiare di migliaia di contribuenti. 

Situazione poco rosea

Lo stop alle attività lavorative e produttive ancora oggi determina una situazione ben poco rosea. I lunghi mesi di lockdown della primavera scorsa hanno dato per primi avvio a una crisi finanziaria in grado di porre a repentaglio la capacità di risollevarsi e raggiungere quantomeno una discreta serenità generale. Difatti, innumerevoli imprese di grandi e medie dimensioni stanno affrontando parecchi problemi nel rimettersi nei giusti binari e ciò ha causato una ricaduta negativa sul Prodotto Interno Lordo (PIL).

Il nostro Paese annaspa, c’è ben poco da sindacare in tal proposito. Se ancor prima che l’emergenza epidemiologica eravamo in difficoltà, lo scoppio della pandemia da Covid-19 e la diffusione dei contagi ha ulteriormente infuso timore sul futuro. Ieri vi raccontavamo che, in base ai dati raccolti dalla Cgia di Mestre, pure la tredicesima, normalmente destinata ai regali per i figli, i nipoti e, in generale, le persone care, assumerà tutt’altra funzione. Addirittura i rilevamenti effettuati da Codacons indicano che appena l’11 per cento del rateo sarà utilizzato per il classico shopping natalizio. Il resto sarà destinato alle spese obbligate.

Scendendo più nel dettaglio, l’associazione dei consumatori delinea che il 25 per cento (un quarto) delle tredicesime sarà assorbito da prestiti, affitti e mutuo, considerato che, a causa del virus e della perdita in termini di reddito, diversi nuclei familiari hanno riscontrato problemi con i pagamenti delle rate. Il 22 per cento andrà a coprire utenze e bollette varie, mentre il 20 per cento sarà speso per tributi e tassi vari inerenti al periodo 2020/2021. Del 10 per cento delle tredicesime si usufruirà per prestazioni sanitarie e spese mediche di ogni tipo, mentre si calcola una crescita della componente di risparmio (12 per cento), a dimostrazione del clima di incertezza vissuta dalle famiglie sul proprio futuro e su quello del Belpaese.

Che cos’è il PIL e quale relazione ha con i consumi

carrello spesa contiene banconote

Il PIL (Prodotto Interno Lordo) è il valore dei servizi e dei prodotti realizzati, in un determinato lasso temporale, all’interno di uno Stato Sovrano. Detto valore è quello che risulta da un processo di scambio, vale a dire dalla vendita di prodotti e servizi: ciò esclude dal conteggio i servizi o prodotti realizzati da un soggetto per autoconsumo e i servizi resi a titolo gratuito. La nazionalità del produttore non conta, bensì la realtà geografica in cui il servizio o prodotto viene realizzato. Per esempio, un frigorifero fabbricato in Italia da una società statunitense entra nel PIL dell’Italia, mentre un corso di marketing tenuto da una società italiana negli Stati Uniti viene computato nel PIL USA. 

Come si calcola il PIL

Esistono tre metodologie per determinare il valore del PIL, a seconda del punto di vista dal quale tale grandezza si esamina. Il primo, il cosiddetto “Metodo della Spesa”, lo considera dal lato della domanda, ossia dal punto di vista di chi paga e acquista un prezzo per il prodotto o servizio in questione. Così si giustifica il legame con i consumi, uno dei fattori che compongono il PIL, insieme agli investimenti, alle esportazioni nette e alla spesa pubblica. 

Il Prodotto Interno Lordo è l’indicatore di salute principale di un sistema economico, poiché costituisce la capacità del medesimo sistema di produrre e vendere beni. È sull’analisi del suo andamento presente e passato, in aggiunta alle stime delle sue evoluzioni future, che si focalizzano le attenzioni di economisti e analisti. 

L’impatto del PIL sulle pensioni

PIL disegno

L’impatto del PIL sull’importo delle pensioni quantificate col metodo contributivo è ben lungi dall’essere neutro. Ciò dipende dalla formula con cui si calcola l’importo del vitalizio, in cui riveste un ruolo cruciale il coefficiente di capitalizzazione, ovverosia la variazione media quinquennale del PIL nominale, che l’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) comunica alla fine di ogni anno. Il PIL ha assunto un peso specifico nel calcolo dell’entità delle pensioni a partire dalla riforma Dini del 1995, quando è stato intrapreso il processo per passare dal metodo di calcolo retributivo a quello contributivo.

Più precisamente, secondo la legge n. 335 del 1995, il montante contributivo – vale a dire la somma di tutti i contributi previdenziali versati – deve essere annualmente rivalutato in base alle oscillazioni della crescita del PIL nominale dell’ultimo quinquennio. Se il PIL aumenta, il tasso di capitalizzazione è positivo ed il montante contributivo sale, con un effetto benefico anche per l’importo della pensione. Viceversa, se il PIL diminuisce, anche il vitalizio ne risente. 

Tale meccanismo vale per tutte le pensioni contributive, ovverosia quelle corrisposte a chi ha iniziato a versare contributi dopo il 1° gennaio del 1996. Inoltre, influisce pure sulle pensioni calcolate con il metodo misto per chi aveva già iniziato a lavorare prima del 1996, per la quota formata col metodo contributivo. 

Quella di legare pensioni e Prodotto Interno Lordo è stata una scelta determinata dal bisogno di associare, in qualche modo, la spesa previdenziale alle condizioni di salute dell’economia reale. Una relazione di cui il percettore del trattamento pensionistico può beneficiare se il contesto nazionale lo consente, ma che, in situazioni di crisi, può condurre ad una riduzione del vitalizio. 

Cosa succede se il tasso di capitalizzazione è negativo

La congiuntura negativa dettata dalla pandemia sanitaria da Coronavirus pone in risalto l’impatto del Prodotto Interno Lordo sulle pensioni future. Difatti, le stime di crescita per il 2020 in Italia, come in tutta Europa, sono negative e ciò costituirà un problema nel frangente in cui, nel 2021, il tasso di capitalizzazione andrà costruito. Nel 2014, per la prima volta dall’introduzione del nuovo metodo di calcolo delle pensioni, il tasso annuo di capitalizzazione dei contributi risultò negativo.

Allora un decreto governativo dispose che si sarebbe dovuto applicare un coefficiente pari ad a 1, anziché il tasso reale, evitando in tale maniera di ridurre l’importo pensionistico. Gli scenari sono tutti da scrivere. Diventa però fondamentale assumere consapevolezza sul fatto che sull’importo della pensione esercitano influenza pure variabili completamente estranee al contesto lavorativo, così da stabilire se attrezzarsi per tempo con soluzioni in grado di colmare il divario tra pensione e reddito da lavoro. 

La prima e la seconda ondata di epidemia da Covid-19 ha privato tantissime persone dell’occupazione e ne ha costrette altrettante a lunghe interruzioni. Il crollo del Prodotto Interno Lordo avrà ripercussioni negative non solamente su chi accederà alla pensione il prossimo anno, ma anche su chi già percepisce l’assegno previdenziale. L’eventualità naturalmente inquieta, e non poco, i soggetti interessati.

Malcontento da lenire

pensionati si asciugano la fronte

Ecco perché dal Governo occorreranno necessariamente pervenire delle risposte convincenti, in grado quantomeno di lenire il malcontento che si respira nella penisola. L’esecutivo presieduto da Giuseppe Conte mira a garantire con la prossima riforma un dignitoso assegno pensionistico ai contribuenti più fragili sotto il piano economico. Il che equivale a dire che si verificherà un adeguamento del rateo mensile all’attuale costo della vita. Applicare alla lettera le regole normalmente sancite (e riportate nei paragrafi precedenti) non è, di fatto, un’opzione. Ci sono troppe famiglie in gravi difficoltà, che faticano ad arrivare a fine mese.

Sulla scorta di tale orientamento le riduzioni degli assegni INPS si ripercuoteranno perlopiù sui contribuenti che hanno diritto a pensioni di importo medio ed elevato. Ciò perché l’ammontare di questi trattamenti previdenziali è più che sufficiente a garantire loro uno stile di vita decoroso. Stando alle previsioni degli esperti del settore, l’importo su base annuale potrebbe attestarsi attorno a 1.000 euro nel 2021. Così fosse, prepariamoci a cortei di protesta. Lo abbiamo già visto con il Reddito di Cittadinanza quanto possa infiammare gli animi l’idea di rimetterci in nome di una società solidale con chi è più bisognoso. Sarà interessante scoprire se le istituzioni terranno il punto oppure se lasceranno che le critiche influiscano sul loro operato.