Gli incontri previsti tra le autorità governative e i sindacati per riprendere i negoziati sulla riforma pensione riprenderanno l’8 settembre. Per quella data – si legge sul quotidiano Il Messaggero – terrà luogo un confronto di importanza cruciale riguardo al trattamento. In particolare, tra le varie ipotesi sul tavolo ci sono la pensione con 62 anni di età, senza richiedere il requisito dei 38 anni di anzianità contributiva maturata, ma con l’introduzione di una penalizzazione.
Riforma pensione: le proposte sul tavolo dei negoziati
In ogni caso, l’8 settembre cominceranno le discussioni sugli interventi previdenziali da inserire nella Legge di Bilancio 2021. Entro allora verranno dati maggiori chiarimenti riguardo alla contribuzione minima pretesa dalla ridotta Quota 100 futura e le penalizzazioni che saranno disposte per l’anticipo pensionistico.
Secondo le voci di corridoio raccolte, per ogni anno di anticipo la penalizzazione sarebbe pari al 3 per cento in confronto alla pensione di vecchiaia a 67 anni; una volta raggiunta la quale si avrà accesso al pieno importo dell’assegno. Fatte le dovute proporzioni, ricorda un po’ la penalizzazione alla pensione anticipata fino al 2017. Nel mentre non sparisce l’eventualità della Quota 41 erga omnes, cioè concessa a tutti, senza distinzioni di sorta, un anticipo senza limiti di età.
Quota 41 erga omnes: un prezzo caro da pagare
Una misura difficilmente attuabile a causa dei costi troppo onerosi e non sostenibili dalle casse dello Stato. Ma per rendere la pista praticabile si sta cercando di vedere se ci sono i margini per un ricalcolo contributivo dell’assegno.
In tal caso, sarebbe sancito un prezzo da sostenere di certo di non bassa entità. Gli anni di contributi maturati prima del 1996 nel sistema contributivo subirebbero un ‘malus’ significativo. Quindi la penalizzazione sarà tanto più pesante quanti più saranno gli anni di contributi precedenti il 1996.