La quota 41 è una misura nata con l’articolo 1 comma 199 della Legge di Bilancio 2017. Si tratta a tutti gli effetti di una misura di pensionamento anticipata simile alla pensione anticipata la ex pensione di anzianità), ma con un requisito contributivo più basso da completare. Rispetto alle pensioni anticipate però, la quota 41 non riguarda la generalità dei lavoratori, ma è appannaggio di una ristretta platea di persone, tutte con determinati problemi di natura fisica, reddituale, familiare o lavorativa. La quota 41 è una misura strutturale, cioè non scade e pertanto, potrà essere sfruttata anche nel 2021. Ma a che condizioni può un contribuente, lasciare il lavoro con la quota 41 e con quali requisiti, sono argomenti che vanno approfonditi meglio.
Pensione anticipata con quota 41, chi sono i precoci
Prima di tutto occorre fare il quadro della situazione e capire cosa si intende per lavoratore precoce. La quota 41 infatti è in primo luogo una prestazione che si rivolge esclusivamente ai lavoratori precoci. In linea generale quando si parla di lavoro, per lavoratore precoce si intende colui che ha iniziato la sua carriera lavorativa in tenera età, generalmente prima del compimento della maggiore età. Per quanto concerne la quota 41, nello specifico per lavoratore precoce si intende colui che ha versato il primo anno di contributi completo prima del compimento dei 19 anni di età.
Questo è il primo requisito utile per poter accedere alla pensione anticipata con la quota 41. Serve quindi almeno un anno di contributi versati prima dei 19 anni di età. L’anno di contribuzione non deve essere per forza continuativo. In definitiva la misura si centra, come la pensione anticipata, senza alcun riferimento all’età pensionabile. Unico requisito quello contributivo, con 41 anni di versamenti necessari ed almeno uno antecedente il compimento dei 19 anni di età, anche se discontinuo.
Quota 41, categorie di beneficiari
Come dicevamo, a differenza della pensione anticipata, che prima della riforma Fornero si chiamava pensione di anzianità, la quota 41 riguarda solo specifiche categorie di contribuenti. Oltre che precoci, bisogna rientrare in situazioni di disagio ben delimitate dalla normativa con cui è stata introdotta la misura nella legge di Bilancio 2017. La quota 41 si rivolge infatti a disoccupati di lunga data, invalidi, persone che assistono un familiare invalido e lavoratori alle prese con i cosiddetti lavori gravosi. Per chi non rientra in queste specifiche categorie, l’uscita con 41 anni di contributi versati, anche se precoci, non è fruibile.
Quota 41 disoccupati
Tutte le categorie di precoci che hanno diritto alla quota 41, sono le medesime di quelle che hanno diritto all’Ape sociale. Ed anche dal punto di vista dei requisiti specifici per ogni categoria, questi sono del tutto uguali ai soggetti che hanno diritto all’Anticipo pensionistico sociale. Per i disoccupati infatti occorre essere in questa condizione da lungo tempo. Infatti, la quota 41 è appannaggio di disoccupati che da tre mesi hanno completato il periodo di fruizione della Naspi, cioè l’indennità per disoccupati involontari Inps. I tre mesi di vuoto reddituale e quindi di assenza di Naspi devono essere antecedenti la data di presentazione della domanda di pensionamento con quota 41.
Invalidi e caregivers, cosa serve per la quota 41
La quota 41 può riguardare persone con determinate invalidità riconosciute dalle competenti commissioni mediche per l’invalidità civile delle Asl. In questo caso serve una invalidità certificata pari ad almeno il 74%. La stessa invalidità deve essere quella delle persone bisognose di assistenza nel caso dei caregivers. Il caregiver infatti è un soggetto che assiste un proprio parente disabile e non propriamente autosufficiente. In questo caso, per avere accesso alla quota 41, il disabile a cui il richiedente la pensione presta assistenza, oltre ad avere il 74% di invalidità minima, deve essere convivente con il richiedente e deve essere il coniuge o un parente di primo grado. Occorre inoltre che l’assistenza si sia resa necessaria da almeno 6 mesi prima della presentazione della domanda di pensionamento con quota 41.
Quota 41 e lavoro gravoso, a chi si rivolge?
Lo scivolo con quota 41 può riguardare pure gli addetti ai lavori gravosi. Per lavoro gravoso si intende una particolare attività lavorativa, da non confondere con i lavori usuranti, che per mansioni svolte risulta talmente logorante da sconsigliare la permanenza in servizio fino a tarda età. Per questo la legge di Bilancio che ha introdotto la quota 41 (ma anche l’Ape sociale), ha stabilito una serie di attività da considerare gravose. Nel 2017 ne furono individuate 11, che poi sono diventate 15 l’anno successivo. La questione lavoro gravoso è di stretta attualità perché nei summit governo-sindacati per la riforma delle pensioni, si pensa ad una estensione di queste categorie, un allargamento ad altre attività piuttosto logoranti dal punto di vista fisico o psichico. Attualmente i lavori gravosi che danno diritto a poter accedere alla quota 41 sono:
- Gli operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici;
- I gruisti e i conduttori di macchinari per la perforazione nelle costruzioni;
- I conciatori di pelle e i conciatori pellicce;
- I macchinisti dei treni e il personale ferroviario viaggiante;
- I camionisti ed i conducenti di mezzi pesanti senza vincoli di trasporto di persone;
- Gli infermieri delle sale operatorie e le ostetriche delle sale parto con lavoro su turni;
- Badanti e addetti in genere, all’assistenza di persone in condizioni di non autosufficienza;
- Gli insegnanti dell’infanzia ed educatori degli asili nido;
- I facchini addetti allo spostamento di merci e simili;
- Gli addetti ai servizi di pulizia;
- Gli operatori ecologici e gli addetti alla raccolta e alla separazione dei rifiuti;
- Gli operai agricoli, della zootecnica e della pesca;
- I pescatori;
- Gli operai del settore siderurgico;
- I lavoratori marittimi.
Condizione necessaria per la quota 41 per gli addetti alle mansioni gravose è la durata di questa tipologia di lavoro. Infatti è necessario aver svolto tale attività in 7 degli ultimi 10 anni di carriera, o al massimo, in 6 degli ultimi 7 anni. Il tutto naturalmente a far data dal giorno in cui si presenta la domanda di certificazione del diritto alla pensione con quota 41. La prestazione è erogata mensilmente da parte dell’Inps ed il calcolo della pensione spettante non prevede penalizzazioni o tagli dovuti al ricalcolo contributivo perché si tratta di una prestazione calcolata nella maniera ordinaria, in base alla data di versamento dei contributi.