Ricevere una lettera da parte dell’Istituto nazionale di previdenza sociale italiano che chiede la restituzione della pensione indebitamente percepita non è una cosa rara in Italia. E tra le altre cose, spesso queste lettere non parlano di cifre da fare perdere il sonno a chi le riceve.
Segnalazioni da parte dei pensionati in questi giorni ne sono arrivate a iosa. Lettere che contengono le cifre dei soldi che il pensionato avrebbe percepito inevitabilmente.
E come dicevamo, spesso sono cifre da capogiro, che per qualcuno sono arrivate a superare i 29.000 euro, come riporta un esclusivo servizio del quotidiano “Il Giornale”, che parla di salasso e di nuova batosta per i pensionati in un momento di grave crisi economica.
Ma l’Inps non sempre ha il diritto di chiedere questa restituzione delle somme indebitamente erogate. Infatti ci sono normative e regole di riferimento ben precise che adesso andremo ad analizzare.
La lettera dell’Inps
Le lettere che stanno arrivando in questi giorni, nonostante la pandemia e nonostante la grave crisi economica, riguardano somme indebitamente erogate ai pensionati. E sono soldi che l’Inps, nella lettera, chiede indietro.
Somme versate erroneamente che il pensionato comunque non sa di ricevere. La materia previdenziale è particolare, con le pensioni che si adeguano al tasso di inflazione annualmente, con le regole di perequazione che cambiano spesso e con una serie di somme aggiuntive sulla pensione legate a parametri reddituali.
Chiedere al pensionato medio di capire se quanto sta prendendo è giusto come rateo di pensione è una cosa particolarmente difficile. Le lettere dell’Inps propongono al pensionato di concordare con l’Istituto un piano di rientro. Ma non sempre è tutto regolare e prima di procedere con il concordato, meglio verificare se davvero le somme che l’Inps chiede indietro sono davvero da restituire.
I motivi delle somme erogate in più
La motivazione delle somme erogate in più da parte dell’Inps non vengono specificate dalla lettera che è molto generica e parla solo di “somme indebitamente corrisposte”. Tali somme possono pervenire da diverse tipologie di situazione o di errore.
Errori nell’erogazione della pensione di reversibilità del coniuge defunto, errori sulle parti di pensione collegate al reddito, errori nell’erogazione dell’assegno sociale o errori nella liquidazione di un assegno di invalidità.
Dichiarazioni reddituali e pensioni
L’Inps però non sempre può arrivare a chiedere soldi indietro senza seguire attentamente la legge. Le procedure normative sono predisposte tramite leggi. Infatti il recupero delle somme corrisposte in più da parte dell’istituto provengono dalla legge 88 del 1989 e dalla legge 412 del 1981.
Molte delle prestazioni previdenziali sono collegate al reddito. Il pensionato che presenta la dichiarazione dei redditi ogni anno, consente automaticamente all’Inps di rivedere il calcolo della prestazione e di adeguarla ai parametri reddituali utili tra le altre cose a percepire assegni, maggiorazioni sociali, integrazione al minimo o assegno sociale per esempio.
Chi non è tenuto a presentare il 730 piuttosto che il modello Redditi Pf all’Agenzia delle Entrate, dovrà per forza di cose passare dal modello Red. Un modello obbligatorio da presentare con cadenza annuale all’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale. La mancata presentazione del modello Red, unica strada che ha l’Inps per il calcolo esatto della prestazione (con le dichiarazioni dei Redditi invece tramite incrocio banche dati l’Inps ha mano libera) può generare una erogazione errata del trattamento previdenziale.
Quando l’Inps non può richiedere soldi indietro
In linea generale la legge prevede che l’Inps non possa chiedere soldi indietro al pensionato a meno che non ci sia del dolo da parte dell’assicurato. In pratica, se viene accertato che il pensionato ha usato pratiche fraudolente allo scopo di riuscire a spillare più soldi di quelli spettanti all’Inps, in questo caso l’Istituto può agire contro il pensionato.
Anche alcuni Tribunali chiamati all’intervento su tipologie di richieste come queste appena descritte, hanno sancito questa linea di principio. E sempre la giurisprudenza sottolinea che “l’Inps, può rettificare in ogni momento le pensioni per via di errori di qualsiasi natura, ma non può recuperare le somme già corrisposte, a meno che l’indebita prestazione sia dipesa dal dolo dell’interessato”.
Pertanto, nel caso in cui la lettera con la richiesta di restituzione arrivi ad un pensionato che ha sempre adempiuto correttamente all’obbligo di comunicare le variazioni reddituali intervenute, le richieste potrebbero essere contestate tramite ricorso amministrativo per l’annullamento.
Le vie di uscita per i pensionati
Purtroppo le lettere dell’Inps arrivano comunque ed è onere del pensionato cercare l’escamotage per l’annullamento. Anche se l’errore dipende dall’Inps è sempre il pensionato a dover intervenire con il ricorso amministrativo. Se invece è il pensionato a non aver adempito agli obblighi comunicativi, anche se dietro non c’è dolo, la restituzione delle somme diventa inevitabile.
Nel concordato si può optare anche per la dilazione del pagamento, anche se non è difficile che l’Inps applichi d’ufficio la trattenuta sui ratei di pensione futuri quando accerta il suo diritto a richiedere le somme indietro.
Oltre che per errori dell’Inps, la restituzione delle somme può non essere richiesta se interviene la cosiddetta prescrizione.
Come per il pensionato c’è l’obbligo delle comunicazioni, così per l’Inps c’è l’onere di verifica delle pensioni erogate. Ogni anno l’Inps dovrebbe verificare i redditi che possono incidere tanto sulla misura quanto sul diritto alla pensione che va ad erogare ad un pensionato.
La verifica dovrebbe sempre vertere sul diritto alla corresponsione degli assegni familiari, dei trattamenti minimi, delle integrazioni e delle maggiorazioni sociali. In linea di massima infatti l’Inps eroga queste prestazioni a carattere provvisorio, fino ad avvenuta verifica. Questo accade per esempio con la quattordicesima mensilità di luglio. Mensilità aggiuntiva provvisoriamente assegnata ma su cui grava il successivo controllo dell’Inps.
La regola generale è che l’Inps può andare a richiedere la restituzione dei soldi al pensionato, solo se notifica le somme indebitamente concesse, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello a cui si riferisce la dichiarazione. In pratica, se la dichiarazione Red su cui viene calcolata una prestazione si riferisce al 2019, l’Istituto ha tempo fino al 31 dicembre 2020 per chiedere la restituzione.
Un meccanismo questo che dovrebbe salvaguardare il pensionato da richieste di restituzione esorbitanti perché riferite a molti anni indietro. Ma come si legge sul quotidiano citato in premessa, non sempre l’Inps sembra operare in questo senso. Resta confermato comunque che se è il pensionato a non aver prodotto le adeguate comunicazioni obbligatorie, l’Inps può andare a richiedere fino a 10 anni indietro una somma erogata per errore.