L’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (INPS), tramite una nuova Certificazione Unica 2020, costringe cassintegrati, disoccupati e pensionati a rifare la dichiarazione dei redditi affinché, sottolinea la lettera in accompagnamento, annulli e prenda il posto di quella precedente, in quanto le somme indicate non combaciano con quelle realmente trattenute o erogate nel 2019. Il cittadino che riceve la nuova Certificazione Unica del 2020 non ha altra scelta se non ripresentare la dichiarazione dei redditi, oltretutto con il ravvedimento sicché sono scaduti i termini, in modo da evitare di trovarsi in accertamento fiscale tra qualche anno.
Pur consapevole del disagio arrecato, l’Istituto impegna coloro che ricevono la lettera a presentare la dichiarazione dei redditi sulla base di una Certificazione Unica corretta. Purtroppo non ci sono piani B. E fa quasi sorridere il fatto che l’INPS parli di “eventuale” disagio arrecato. In realtà, il disagio c’è eccome e giustamente diversi contribuenti si lamentano contro un sistema che segnala lacune.
Non sono esentati quanti, affidandosi alle avance rassicuranti dell’Erario, si sono avvalsi della dichiarazione precompilata dei redditi. Difatti, pure questa è errata. Lo spiega ancora la lettera d’accompagnamento. Laddove il cittadino abbia intenzione di fruire della dichiarazione precompilata sottoposta dall’Agenzia delle Entrate, ove occorra, dovrà correggere il contenuto sulla base della Certificazione Unica rettificata.
Quante sono le famiglie colpite? Ancora è un mistero
Mentre scriviamo questo articolo non è ancora dato conoscere a quante famiglie l’INPS ha inoltrato la domanda o lo farà nei giorni a venire. Poco ma certo, l’allarme suscitato nei destinatari ha provocato altrettanti problemi per quanto riguarda le figure dei consulenti, dei professionisti, dei CAF (Centri di Assistenza Fiscali) e dei patronati. Gli intermediari saranno i primi a dover fronteggiare le perplessità e il malumore dei cittadini e a trovare il rimedio per metterli al riparo dalle contestazioni del Fisco e da altre conseguenze (si pensi, ad esempio, all’ISEE aggiornato).
Perché, nonostante sia francamente assurdo (per non dire tragicomico), il popolo italiano avrà, in sostanza, il compito di far fronte agli errori altrui, vale a dire quelli il Fisco. Non è necessariamente detto che l’importo da corrispondergli sia più elevato, può infatti anche accadere il contrario. Ma in tal caso ci possiamo giusto immaginare quale fastidio provochi l’idea di scucire soldi extra in un periodo già di suo davvero complicato, date le misure restrittive stabilite dal Governo italiano per contrastare l’emergenza epidemiologica. Finché sei tu a sbagliare accettare la situazione risulta più facile o quantomeno meno sgradevole. Tuttavia, qui la responsabilità è dell’INPS, quindi più che parlare di “eventuale” disagio sarebbe il caso di dire “certo”.
Il bacino complessivo dei destinatari
A livello complessivo il bacino dei destinatari è di circa 19 milioni di italiani, tra pensionati (15 milioni e mezzo) e percettori altre prestazioni, quali indennità di disoccupazione NASpI o cassa integrazione (3 milioni e mezzo). L’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale è altamente specializzato nella materia, con particolare riferimento alle telematica, perciò ciò fa presagire che si sia trattato di un errore di programma, ovvero non ci sia lo zampino dell’uomo, con la preoccupante ipotesi che possa c’entrare l’elevato numero di cittadini coinvolti. Comunque brancoliamo nel campo delle ipotesi e a meno che non arrivino chiarimenti a riguardo non sapremo davvero mai di chi è la responsabilità.
La tipologia di errore non è nota, né precisata nella lettera di accompagnamento e può essere esclusivamente compresa dal raffronto tra la vecchia e la nuova Certificazione Unica del 2020. L’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale si attiene a informare che la rettifica si è resa necessaria per correggere, sostituire o integrare i dati della Certificazione Unica precedente, nella quale le somme non corrispondevano a quelle effettivamente trattenute o erogate dall’Inps lo scorso anno. Detto ciò, può trattarsi di variazioni riguardanti o le ritenute o il reddito: indipendentemente da quale sia la risposta esatta, il cittadino ha l’onere di rivedere ed eventualmente rifare la dichiarazione reddituale per scongiurare conseguenze peggiori, ovverosia accertamenti fiscali.
Il punto è che rimediare costa. Gli ordinari termini per inoltrare la dichiarazione dei redditi sono scaduti; di conseguenza, rimane la via della dichiarazione tardiva o, peggio, di quella omessa, a seconda che la presentazione avvenga, rispettivamente, entro od oltre 90 giorni dalla ordinaria (entro oppure oltre il 10 marzo 2021). Nel primo scenario si tratta del ravvedimento operoso, che prevede il versamento della sanzione ridotta pari a 25 euro (in assenza di debito d’imposta). Se in aggiunta alla tardività c’è pure un tardivo o carente versamento delle tasse, bisogna corrispondere in aggiunta la sanzione per omessa prestazione. Assistiamo a quello che si dice un paradosso: l’INPS ha commesso lo sbaglio (direttamente o a causa del software, il discorso in fondo cambia relativamente), ma a pagare dazio saranno i cittadini.
L’INPS tenta di gettare acqua sul fuoco
In un tentativo di spegnere le polemiche l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale evidenzia che nel corso del 2020 ha rilasciato 19 milioni e 600 mila certificazioni ad altrettanti beneficiari di prestazioni previdenziali. Come accade normalmente ogni anno – si legge – circa il 3 per cento (620 mila) è stato corretto per effetto di cause diverse successivamente sopravvenute al rilascio della originaria certificazione.
Nel corso del mese di novembre, a tutti quei beneficiari che non hanno prelevato a rettifica della Certificazione Unica, circa 128 mila, l’INPS ha recapitato la consueta comunicazione di variazione, conclude la nota. Il boccone da inghiottire resta comunque davvero amaro e ci sono poche scuse che tengano. La mole di lavoro sarà stata pure rilevante, ma il fatto che a rimetterci siano coloro che non hanno colpa ha dell’assurdo, specie per chi si è mosso per tempo proprio per evitare di incappare nella ghigliottina del Fisco.