Una sentenza che fomenterà di certo gli animi. Quando si tratta di toccare i risparmi dei cittadini i malumori sono pressoché all’ordine del giorno. Anche in caso di pensione elevata l’altruismo è una qualità rara. Semmai la reazione più comune è del tipo: “Perché dovrei rinunciare a parte del denaro per cui ho sgobbato una vita intera?! Ognuno è artefice del proprio destino…”. Sarà, fatto sta che le istituzioni sono di tutt’altra opinione. Difatti, il legislatore ha la facoltà di “congelare” la rivalutazione dell’assegno previdenziale di importo alto, che normalmente scatta in automatico. E mica finisce qua.
Pensione elevata: il prelievo di solidarietà non viola alcun principio
Secondo quanto ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza n. 234 depositata oggi, martedì 10 novembre 2020, alle stesse pensioni elevate è imposto un prelievo di solidarietà, purché vengano osservati i principi costituzionali di proporzionalità e ragionevolezza, anche in relazione alla durata della misura. Insomma, ok attingere risorse da chi naviga nell’oro (o quasi), a patto che ci si dia un certo contegno… Non è cioè possibile porre a carico del soggetto tassato una somma eccedente alle sue reali disponibilità. Detto in altre parole, è essenziale valutare il singolo caso e pronunciarsi di conseguenza.
Attraverso la sentenza n. 234 la Corte è intervenuta sulle questioni di legittimità costituzionale avanzate dal Tribunale di Milano e dalla Corte dei Conti con alcune sezioni regionali, relativamente ai provvedimenti di contenimento della spesa previdenziale sanciti dalla Legge di Bilancio 2019 riguardo a chi percepisce una pensione elevata. La previsione della durata quinquennale del prelievo non ha incontrato il favore della Corte Costituzionale, pronta a bocciare l’interpretazione. Ad avviso della Consulta non va assolutamente superato il termine triennale.
Nella fattispecie, sul contributo di solidarietà, la Corte Costituzionale ha commentato che la misura, volta al perseguimento degli obiettivi triennali già menzionati, interni al sistema, non viola i principi di proporzionalità e ragionevolezza e risulta tollerabile a livello costituzionale, poiché opera in base a un criterio di progressività e fa comunque salvo il trattamento minimo annuo di 100 mila euro lordi.
Il termine massimo
Con riferimento al termine massimo, la Corte Costituzionale, tuttavia, ha definito la durata del prelievo di 5 anni irragionevole e sproporzionale. Tale finestra temporale – puntualizza la nota diramata dal Palazzo della Consulta – è eccessiva, rapportata all’ordinaria proiezione triennale del bilancio di previsione dello Stato e all’estensione delle finalità perseguite, nonché disallineata in confronto al periodo dell’intervento limitativo della perequazione, sebbene disposto nella stessa legge di bilancio.