L’ex coniuge superstite divorziato non ha diritto alla pensione di reversibilità se l’assegno mensile stabilito in giudizio è d’importo talmente basso da ricoprire praticamente una funzione simbolica. È quanto sancisce la Corte di Cassazione, con una nuova sentenza dove chiarisce i requisiti essenziali.
A detta della Suprema Corte, nonostante nella prevalenza dei casi basti la titolarità di un assegno divorzile per il diritto alla reversibilità, nell’accordare tale beneficio non è possibile prescindere dall’obiettivo perseguito, ovvero la prosecuzione del sostegno economico offerto in vita dalla persona defunta.
Pensione di reversibilità: la titolarità non è un requisito sufficiente
In pratica, la semplice facoltà di godere di un assegno divorzile, a carico dell’ex coniuge defunto per il riconoscimento del trattamento pensionistico a favore di quello superstite, non è abbastanza. Difatti, occorre che il valore dell’assegno sia tale da costituire un effettivo supporto. Dunque, se l’assegno divorzile o aiuto analogo, comunque denominato, a carico del dante canta risulta irrisorio, la reversibilità non spetta.
In una situazione del genere non sussiste infatti una reale esistenza, perciò viene a mancare il presupposto per l’attribuzione della misura. In base alla mera titolarità ne conseguirebbe un effetto irragionevole. Ossia quello di assicurare al beneficiario una migliore condizione rispetto al passato, quando l’ex coniuge era ancora in vita.
Quando l’ex coniuge superstite ne ha diritto e quando no
Nella prevalenza delle situazioni, il coniuge divorziato ha diritto alla pensione ai superstiti esclusivamente se riceve l’assegno divorzile, purché la somma non sia irrilevante e l’ex deceduto risultasse iscritto all’Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps) del pronunciamento di divorzio.
Inoltre, il superstite non deve avere contratto nuovo matrimonio. Difatti, qualora celebri nuove nozze, decade il diritto alla pensione di reversibilità, ma riceve, in compenso una tantum (cioè in una unica soluzione) una somma pari al trattamento percepito moltiplicato per 26.