I lavoratori hanno diritto a festeggiare. Ormai sembra praticamente certo che l’età pensionabile relativa al biennio 2021 2022 non subirà l’ennesimo aumento per adeguarsi alle aspettative di vita Istat. Dunque, età e contributi per accedere alla pensione rimarranno invariati fino almeno al termine del 2022. Ma l’attenzione di alcuni è già rivolta al futuro. Cosa accadrà nel 2023?
L’età pensionabile sarà rivista in base alle speranze di vita Istat a partire dal 1° gennaio 2023. Non è un’assoluta certezza, ma un’elevata probabilità. Anche se è possibile non venga corretta per il prossimo biennio, i presupposti appaiono scoraggianti.
Età pensionabile: la legge Fornero
La legge Fornero – lo ricordiamo – prevede che l’età pensionabile aumenti di tre mesi ogni biennio così da adeguarsi all’aumento delle aspettative di vita. Ciò si tradurrebbe in un fatto: per aver diritto alla pensione di vecchiaia sarebbero necessari 67 anni e 3 mesi.
L’eventuale modifica non impatterebbe sulla pensione anticipata e la Quota 41. Difatti, le relative condizioni attualmente in vigore sarebbero confermate fino al 31 dicembre del 2026. Diversamente, rischiano di subirne le conseguenze le altre misure in vigore in questo momento, senza dimenticare quelle in scadenza, vedi la Quota 100 e l’Ape sociale.
Le prospettive dal 2023
Per la pensione di vecchiaia anticipata per lavoratori con un grado di invalidità pari o superiore all’80% sarebbero richiesti 61 anni e 3 mesi alla categoria maschile e 56 anni 3 mesi alla categoria femminile.
Per la pensione anticipata contributiva, la quale implica oggi il compimento del 64esimo anno di età, occorrerebbe raggiungere i 64 anni e 3 mesi per beneficiare della quiescenza. Infine, riguardo alla pensione di vecchiaia contributiva vale sostanzialmente lo stesso meccanismo. Ad oggi bisogna avere 71 anni e 5 anni di anzianità di contributiva: dal 2023 servirebbe avere 71 anni e 3 mesi di età per averne diritto.