Cari pensionati, ci sono notizie per il 2021 e, purtroppo, non sono quelle sperate. Ormai sembra che sia solo questione di ufficialità: il prossimo anno non ci sarà alcun genere di aumento. Prima di dare per persa la battaglia, gli ex lavoratori dovranno attendere in fondo poco. Entro al massimo la fine del mese di novembre il ministero dell’Economia e delle Finanze avrà il compito di pronunciarsi in merito. Se vogliamo attenerci alle ufficialità, la prima è che gli assegni previdenziali rimarranno invariati.
Pensionati: il tasso di rivalutazione per il 2021
I dati anticipati che provengono dall’Istat fotografano un tasso di rivalutazione del trattamento pensionistico per il prossimo anno che dovrebbe attestarsi intorno allo 0,0 per cento. Insomma, tutto rimarrà invariato rispetto al 2020.
Ma facciamo un passo indietro e riavvolgiamo il nastro. A gennaio erano previsti aumenti in maniera proporzionale rispetto all’inflazione, misurata in base alle rilevazioni dall’Istituto di statica nazionale. Seguendo tale linea di pensiero, per il prossimo anno era preventivabile un incremento dello 0,40 per cento (0,16 per cento per le pensioni di quattro volte superiori al trattamento minimo).
Sfugge la ragione? Niente paura. I termini, te lo anticiperemo saranno piuttosto tecnici, ma, nei limiti del possibile, proveremo a renderti l’argomento il più facilmente comprensibile. Un primo da conoscere, e molto bene, è la cosiddetta perequazione. Forse lo hai già sentito al telegiornale o nelle trasmissioni di approfondimento politico. Comunque, con perequazione intendiamo uno strumento essenziale per mantenere identico il potere d’acquisto. In buona sostanza, gli aumenti non devono essere meramente considerati incrementi della retribuzione, quanto piuttosto una sorta di tutela dal rischio inflazione.
Lo scopo della perequazione
La perequazione serve proprio a evitare contraccolpi in tal senso. Senza il suo contributo l’assegno pensionistico andrebbe inevitabilmente a perdere il proprio valore, anno dopo anno. Di conseguenza, il sistema di legge prevede, secondo la volontà espressa dal legislatore, una rivalutazione del 100 per cento dell’inflazione per le pensioni fino al quadruplo, cioè fino a quattro volte tanto, il trattamento minimo.
Di pari passo, la rivalutazione diminuirà con l’aumentare dell’assegno. Riprendendo il concetto della perequazione, essa è determinata in base all’indice Istat, dei prezzi al consumo per famiglie di impiegati e operai. L’indice provvisorio diventa in seguito indice di variazione definitiva, da conguagliare all’inizio di ogni anno. Ebbene, nel 2021 gli assegni pensionistici non si muoveranno minimamente. Le uniche consolazioni giungeranno dalla tredicesima mensilità, confermata anche per dicembre 2020, e per il conteggio del bonus di 155 euro sul cedolino.