I pensionati che hanno assegni bassi come importo, possono avere diritto a ricevere somme aggiuntive di pensione di cui molti sono assolutamente all’oscuro. Parliamo di maggiorazioni sociali, integrazioni al trattamento minimo e incremento al milione. Tutte integrazioni che però vanno richieste dal pensionato. E si tratta di somme aggiuntive che possono tornare utili per far crescere la propria pensione, ma solo rispettando determinate condizioni.
Trattamento minimo Inps
Tutte le prestazioni pensionistiche devono essere adeguate al trattamento minimo se sono di importo basso. Solo le pensioni calcolate con il sistema contributivo non sono adeguabili al trattamento minimo.
Quando si parla di integrazione al trattamento minimo, ci si riferisce ad un incremento della pensione mensile, fino alla soglia che ogni anno l’Inps stabilisce in base all’andamento dei prezzi dei beni al consumo. È l’Istat a certificare ogni anno l’aumento di questi indici che non sono altro che il tasso di inflazione. Per il 2020 il trattamento minimo Inps è pari a 515,58 euro mensili.
L’integrazione al trattamento minimo spetta a condizione che si rispettino determinati parametri reddituali. L’integrazione al trattamento minimo in misura piena, spetta al pensionato che ha un reddito annuo non superiore a 6.702,54 euro. Invece, per chi possiede un reddito superiore a tale limite ed entro i 13.405,80 euro, ha diritto ad una integrazione in misura ridotta. Sopra 13.405,80 euro di reddito non si ha diritto ad alcuna integrazione al trattamento minimo.
Per i pensionati sposati occorre rispettare requisiti reddituali differenti. Infatti vanno presi in considerazione anche i redditi coniugali. Fermo restando il limite di 6.702,54 di reddito minimo personale del pensionato, l’integrazione al trattamento minimo in misura piena è appannaggio di chi ha reddito cumulato con il coniuge, entro la soglia di 20.107,62. Integrazione al trattamento minimo parziale invece, per pensionati coniugati con reddito personale fino a 13.405,80 euro e reddito cumulato con il coniuge fino a 26.810,16 euro.
Integrazione al trattamento minimo, quali redditi si considerano?
Non tutti i redditi sono considerati per determinare il raggiungimento delle soglie pri ma descritte come limiti. Sono esclusi il reddito della casa di abitazione, la pensione da integrare al minimo, il trattamento ndi fine servizio, i redditi esenti da Irpef, le rendite Inail, le pensioni degli invalidi civili, i trattamenti di famiglia, e così via. Tutti gli altri redditi, invece, devono essere inclusi nel conteggio e nella somma su cui basare eventualmente il diritto a chiedere l’integrazione.
La maggiorazione sociale, cos’è?
La maggiorazione sociale è un’altra prestazione aggiuntiva sulle pensioni, che serve a renderle più dignitose. La prestazione spetta a partire dai 60 anni di età. La maggiorazione si applica sull’importo della pensione spettante ed è cumulabile anche con l’integrazione al trattamento minimo Inps. La maggiorazione sociale si applica a tutti i pensionati titolari di prestazione previdenziale a carico dell’AGO, delle forme esclusive e sostitutive della stessa e ai lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali che non superino determinati requisiti reddituali di anno in anno fissati dalla legge. Dal punto di vista degli importi, la maggiorazione sociale varia in base a tre fasce di età del pensionato. Per la prima fascia si tratta di pensionati con età pari o superiore a 60 anni ma entro i 65 anni non compiuti. Per questi, la maggiorazione sociale è pario a 25,83 euro in più al mese. Per chi invece ha più di 65 anni e fino ai 75 non compiuti, la maggiorazione sociale mensile è pari a 82,64 euro. Per chi invece ha una età superiore a 75 anni, la maggiorazione è pari a 92,97.