Spesso, nel momento in cui si va ad affrontare l’argomento, è per questione di tagli. Fortunatamente, però, non è sempre così. Dati certi presupposti, l’aumento pensioni è concesso dagli istituti. Basti pensare al recente incremento di quelle di invalidità, il cui importo è più che raddoppiato. In generale, l’assegno previdenziale cresce grazie alle rivalutazioni, traducibili in variazioni estremamente contenute.
Aumento pensioni: quando l’importo è più corposo
Poi ci sono le circostanze in cui l’importo riconosciuto diventa ben più corposo, sulla premessa di determinate condizioni, correlate principalmente all’età e al reddito del beneficiario. A tal proposito, due aspetti non vanno dimenticati nel momento in cui si parla di maggiorazione sociale. In presenza dei requisiti anagrafici e reddituali, l’aumento pensioni è concesso purché le stesse non superino la soglia economica prefissata. Qualora ciò accadesse allora l’importo verrebbe decurtato e riconosciuto esclusivamente in misura parziale.
Altro aspetto da tenere in considerazione è che le maggiorazioni sociali figurano nella fattispecie dei diritti inespressi, ovvero tra quelli non stanziati in assenza di un’esplicita domanda all’Inps. Infine, ricordiamo come il contributo decorra dal mese successivo a quello di presentazione della domanda ed è corrisposto insieme alla rata pensionistica. La validità è per l’anno in cui si effettua la richiesta e non spettano arretrati.
L’incremento per fascia d’età
Se prendiamo in analisi i dati relativi all’età, a partire dal 2008 è sancito un incremento di 25,83 euro al mese per quanti abbiano compiuto i 60 anni. L’importo sale nella fascia d’età 64-69 a 82,69 euro e, al compimento dei 70 anni, scatta il terzo step.
Se fin qui sono stabilite tredici mensilità, a partire da questa soglia anagrafica l’aumento della pensione avviene in maniera differente a seconda che il goditore riceva o meno la 14esima. Chi la percepisce ha diritto ad una maggiorazione sociale di 124,44 euro mensili, a chi non la spetta di 136,44 euro.