Quota 100 terminerà i 3 anni di sperimentazione nel 2021. Dal 2022 c’è attesa per le nuove misure che il governo deciderà di varare in una eventuale nuova riforma delle pensioni, altrimenti di nuovo con le uscite previste dalla legge Fornero. Gli ultimi a poter uscire dal lavoro, come anno di nascita, saranno i nati nel 1959. Chi è nato dopo non raggiungerà il requisito anagrafico in tempo per poter rientrare nella misura.
Quota 100 2021, chi può uscire
Nel 2021 ultimo treno per i lavoratori interessati a quota 100. Infatti la misura scomparirà il 31 dicembre 2021. Addio alla pensione a 62 anni con 38 di contributi, che sono i due requisiti utili per la misura anche nel 2021. L’uscita più favorevole a 62 anni quindi, riguarderà i nati entro il 31 dicembre 1959.
Infatti solo chi compirà 62 anni dì età entro la fine dell’anno venturo potrà ottenere il beneficio della pensione con la quota 100. Ma allo stesso tempo, occorrerà anche completare i 38 anni di contribuzione versata. E sempre al 31 dicembre 2021. Chi si trova con meno di 38 anni di contributi versati è tagliato fuori anche se ha l’età adatta per quota 100, anche se per esempio è nato nel 1959.
Verificare bene la contribuzione versata
Il vincolo dei 38 anni di contributi è senza dubbio quello più arduo da superare per chi aspira ad uscire con la quota 100 in un periodo di tempo così ristretto. Mancano poco più di 12 mesi per poter riuscire a sfruttare la misura, se non nel 2021, anche negli anni successivi.
Per poter mettere, per così dire in cassaforte, il diritto alla pensione con quota 100, servono 62 anni di età e 38 di contributi da completare improrogabilmente entro la fine del 2021. E se per l’età c’è poco da fare, perché come dicevamo, l’essere nato anche solo il 1° gennaio 1960, taglia fuori dalla misura, non è così per i contributi.
Prima di tutto occorre verificare il numero esatto di settimane di contribuzione accreditata all’Inps. Servono 1924 settimane di contributi, che in anni sono esattamente 38. Dall’estratto conto previdenziale Inps si può risalire al numero di anni di contribuzione versata.
I versamenti volontari, come fare per quota 100 e i suoi 38 anni di contribuzione
Verificare il numero di settimane di contribuzione mancante può essere utile a individuare le modalità di azione da intraprendere. Per esempio c’è l’istituto dei versamenti volontari. Si tratta di un istituto che permette, dietro domanda all’Inps, di proseguire con i versamenti per raggiungere un determinato numero di anni di contribuzione utile ad una misura di pensionamento.
Come riporta il sito dell’Inps, “Il lavoratore che ha cessato o interrotto l’attività lavorativa può accedere al versamento volontario dei contributi per perfezionare i requisiti di assicurazione e di contribuzione per raggiungere il diritto alla pensione e per incrementare l’importo del trattamento pensionistico, se sono già stati perfezionati i requisiti contributivi richiesti” e questo vale anche per quota 100.
Per iniziare a versare contributi occorre presentare domanda all’Inps. L’autorizzazione ai versamenti volontari è subordinata alla cessazione dell’attività lavorativa, pertanto chi vuole arrivare a 38 anni di contributi, deve prima interrompere la propria attività lavorativa. Infatti, se il richiedente è un lavoratore dipendente, l’autorizzazione scatta dal primo sabato successivo alla presentazione della domanda.
Con domande presentate mentre si prosegue a lavorare, la decorrenza dell’autorizzazione scatta dal primo sabato successivo alla cessazione del rapporto di lavoro subordinato. Per gli autonomi in ogni caso l’autorizzazione decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda o di chiusura della propria attività.
Si può usare il cumulo per quota 100?
Nella spasmodica caccia ai contributo che un nato nel 1959 può avviare per verificare se e come lasciare il lavoro nel 2021, o solo per congelare il diritto alla quota 100 nel 2021, si può verificare la contribuzione in casse previdenziali diverse.
In questo senso utile può essere il cumulo gratuito dei contributi. Anche per quota 100 può trovare applicazione quanto riportato dall’articolo 14, comma 1 del DL 4/2019, cioè il cosiddetto decretone, che oltre a quota 100 creò il reddito di cittadinanza.
“Ai fini del conseguimento del diritto alla pensione quota 100, gli iscritti a due o più gestioni previdenziali, che non siano già titolari di trattamento pensionistico a carico di una delle predette gestioni, hanno facoltà di cumulare i periodi assicurativi non coincidenti nelle stesse gestioni amministrate dall’INPS”, questo il contenuto dell’articolo.
In sostanza, i lavoratori possono raggruppare in maniera del tutto gratuita i contributi che hanno versato in casse previdenziali diverse da quella a cui si vorrebbe richiedere la quota 100. Solo i versamenti nelle casse professionali non collegate all’Inps, non possono essere cumulati gratuitamente. In questo caso occorre utilizzare un altro strumento previdenziale, cioè la ricongiunzione, che però è onerosa, cioè prevede il pagamento di un corrispettivo per poter raggruppare anche questa contribuzione con quella accreditata all’Inps.
Quota 100 e contributi figurativi
Per la quota 100 sono validi tutti i contributi a qualsiasi titolo versati, quindi quelli effettivi da lavoro, quelli figurativi, quelli da riscatto. L’unico vincolo è che 35 su 38 anni di versamenti, non devono essere comprensivi della contribuzione figurativa da disoccupazione, malattia e periodi simili. Possono tornare utili massimo 3 anni di contributi figurativi. Controllare l’estratto conto per verificare se magari ci si è dimenticati l’accredito del servizio militare per esempio, potrebbe essere utile.
E poi c’è il periodo di studio. Il corso di laurea può essere riscattato. Purtroppo per la quota 100 però non vale il riscatto agevolato e pertanto l’onere può risultare piuttosto elevato. Ma trasformare gli anni del corso di laurea in anni utili al raggiungimento dei 38 anni di contributi può essere utile.