È evidente: tra le categorie maggiormente colpite dalla crisi economica provocata dal Coronavirus ci sono i lavoratori autonomi e i titolari di partita IVA. Difatti, non hanno le medesime garanzie di cui beneficia chi ha un contratto da dipendente. L’esecutivo ha così tentato di venire in soccorso delle P. IVA, stanziando una serie di incentivi, a cominciare da quelli da 600 euro l’uno di marzo e aprile.
Al pari di quelli da 800 e 1.000 euro, poi corrisposti a determinati prestatori d’opera, tali indennità sono da considerarsi nette, ovvero non sottoposte a tassazione. Detto altrimenti, le predette somme non concorrono alla formazione del reddito complessivo e, pertanto, sono esenti IRPEF. Tuttavia, ci sono altre circostanze in cui le partite IVA non hanno l’onere di versare l’imposta sul reddito delle persone fisiche.
IRPEF non dovuta dalle Partite IVA: l’Agenzia delle Entrate richiama una ipotesi
Una di tali casistiche viene illustrata nella risposta n. 395 del 2020 dall’Agenzia delle Entrate, in un interpello sul trattamento fiscale da porre in essere all’indennità assistenziale straordinaria Covid-19 riconosciuta ai propri iscritti dall’Enpav, l’ente di previdenza e assistenza dei veterinari.
Più esattamente sono state richieste delucidazioni in merito all’organismo presieduto da Ernesto Maria Ruffini. Si sono cercati chiarimenti in modo da comprendere quale trattamento fiscale debba essere applicato ai fini IRPEF per le indennità attribuite agli iscritti.
La cassa professionale che ha deciso di appellarsi all’Amministrazione finanziaria fa espresso riferimento al sussidio da essa riconosciuto una tantum a ciascun suo iscritto che, per va degli effetti negativi causati da Covid-19, siano stati ricoverati presso strutture ospedaliere oppure abbiano dovuto osservare la quarantena o l’isolamento domiciliare obbligatorio. Per tali soggetti l’ente previdenziale ha previsto delle indennità comprese tra 1.000 e 4 mila euro, in base alla gravità dello specifico caso.
Il Fisco illustra la situazione
La risposta del Fisco è prontamente arrivata, molto chiara e sostanzialmente concorde con l’interpretazione avanzata dall’ente autore dell’interpello, secondo cui l’indennità straordinaria assistenziale Covid-19 non sia da sottoporre a carico fiscale.
In buona sostanza su tali somme non bisogna pagare l’IRPEF, come l’AdE conferma richiamando in primis la circolare n. 20/E del 13 maggio 2011. Nella stessa si sottolinea che le erogazioni di natura assistenziale compiute da enti di assistenza e previdenza a favore dei relativi iscritti, non sono riconducibili a nessuna categoria reddituale.
Ciò poiché l’ente previdenziale di appartenenza li concede, a titolo occasionale, per finalità assistenziali. Insomma, la premessa è uno stato di bisogno, derivante nello specifico dal contagio da Coronavirus, sulla base della attestazione rilasciata dalla competente Autorità medica, a prescindere dalla retribuzione dell’iscritto e senza funzione sostitutiva di alcuna forma reddituale.