Seppur non prevedibile o imputabile a fatti esterni, la crisi di liquidità non è ammessa come causa di forza maggiore per la mancata applicazione delle sanzioni di omesso versamento IVA, in quanto il soggetto ivi obbligato ha l’onere di accantonare l’Imposta sul Valore Aggiunto riscossa dall’acquirente del servizio o del bene per poi riversarla all’Agenzia delle Entrate – Riscossione. A puntualizzarlo la Corte di Cassazione, mediante ordinanza n. 27416 del primo dicembre 2020.
La controversia
Il documento emanato dalla Suprema Corte è dipeso dall’impugnazione di una cartella esattoriale emessa successivamente a un controllo automatizzato della dichiarazione circa l’anno di imposta 2012, da cui era emerso, per l’appunto, l’omesso versamento IVA. Il ricorso dell’istante è stato accolto sia dalla CTP sia dalla CTR, che ha confermato l’annullamento delle multe a carico della azienda contribuente, considerando sussistente la causa di forza maggiore alla base del pagamento delle imposte, riscontrata nella mancata percezione di crediti rilevanti vantati dalla predetta impresa nei riguardi di diversi enti pubblici.
Alla decisione di secondo grado si è opposta l’Amministrazione finanziaria, lamentando violazione e falsa applicazione dell’articolo numero 6 del decreto legislativo 472/97, avendo, a suo avviso, errato la Commissione Tributaria Regionale nel ritenere che la crisi di liquidità, indicata dalla società contribuente come la causa di impedimento del versamento IVA, fosse incolpevole e tale da integrare la causa di non punibilità della forza maggiore di cui al comma 5 della suddetta disposizione.
La Corte di Cassazione ha giudicato fondate le argomentazioni avanzate dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione. Da qui la sentenza impugnata e il rigetto del ricorso originario della ditta contribuente, peraltro condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità. In tema di cause di non punibilità, l’art. 6 del D. Lgs. 472 del 1997 prevede al comma 5 che non è perseguibile chi, per forza maggiore, ha commesso il fatto.
Ai fini della configurabilità della causa di non punibilità, la Corte di Cassazione è unanime nel negare rilievo a circostanze di disagio economico ancorché riconducibili a fattori esterni. Ciò poiché, essendo il soggetto obbligato al versamento un sostituto di imposta, egli ha l’onere di mettere da parte l’Imposta sul Valore Aggiunto del servizio o del bene per poi riversarla al Fisco, non potendo, pertanto, venire in rilievo situazioni di difficoltà per quanto imprevedibili.
Difatti, la nozione di forza maggiore richiede, in ambito tributario, sia la sussistenza di circostanze atipiche ed estranee all’operatore sia l’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze di tale evento atipico, tramite idonee misure senza incorrere in eccessivi sacrifici. Al giudice compete appurare la sussistenza o meno di tali elementi. In definitiva, la mancanza temporanea di liquidità alla base dell’omesso versamento IVA non comporta l’esimente in esame in via automatica e l’applicazione delle sanzioni da parte dell’Erario è da ritenersi legittima.