Per cancellare le imposte sospese con il decreto Ristori Quater, l’esecutivo dispone un fondo con 5,3 miliardi di euro come dotazione di partenza, ma destinato ad allargarsi a seconda delle necessità effettive attingendo allo scostamento di bilancio per il prossimo anno.
Il Governo lo ha chiamato “perequativo”, in quanto l’idea alla radice è di pareggiare i conti, realizzare una specie di conguaglio tra le risorse finora erogate con le varie misure assistenziali e quelle che spetterebbero alle molteplici attività economiche sulla base di criteri più definitivi rispetto a quelli finora adottati: criteri che sono stati condizionati dalla premura di assicurare alle imprese un aiuto rapido e veloce.
Il meccanismo
Insomma, nel mese di gennaio, quando il meccanismo dovrebbe risultare operativo, ci sarà chi non riceverà ulteriori risorse e chi, invece, se le vedrà aumentare. Ma non sotto forma di accrediti in conto corrente provenienti dall’Agenzia delle Entrate quanto piuttosto di cancellazione del debito fiscale. Volendo essere più precisi, il testo del decreto parla di esonero parziale o totale della ripresa dei versamenti contributivi e fiscali.
Naturalmente, nessuna delle aziende in oggetto si troverà nella condizione di restituire quanto ha già incassato in precedenza, ma eventualmente potrebbe essere chiamata a corrispondere le somme erariali dovute. L’idea alla base è proprio quella di introdurre i mancati versamenti tributari in sostituzione delle erogazioni dirette.
Il nocciolo della questione è pertanto quali saranno i criteri applicati per la suddetta ridistribuzione. Il provvedimento, appena approvato, rimanda ad un successivo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare, su proposta dei ministri dello Sviluppo e dell’Economia, con deliberazione del Consiglio dei Ministri, con parere delle commissioni parlamentari. Dunque, un iter complesso, per il quale presumibilmente le categorie interessate saranno coinvolte in una bagarre.
Ad ogni modo, in linea di massima l’esecutivo attualmente in carica ha il proposito di abbandonare l’approccio settoriale, finora seguito in larga parte (che passava pure attraverso codici ATECO non sempre esaustivi o precisi) per fare affidamento su oggettivi parametri che affianchino quello della perdita di fatturato. Ciò, a differenza di quanto è in precedenza avvenuto, verrà calcolato su un orizzonte temporale più esteso di un solo mese (plausibilmente pari a sei mesi). Tra gli altri fattori da porre in considerazione, ma la discussione in tal proposito è appena cominciata, potrebbero pure, ad esempio, figurare i costi fissi sostenuti dalle varie attività economiche.
L’intervento per il 2021 sarà, almeno a livello ipotetico, quello finale. Poi, ovviamente, dipenderà parecchio dall’evoluzione della pandemia e – di conseguenza – della situazione economica. La base di partenza sono i 5 miliardi e 300 milioni “ricavati” dal rinvio dei versamenti fiscali, che contabilmente sono coperti con il decreto Ristori Quater e pertanto si trasformerebbero in superiori entrate per il prossimo anno. Ma tali risorse potrebbero essere in seguito integrate, tramite lo scostamento di bilancio che il Parlamento dovrebbe deliberare.
La dote
Tra gli aspetti prevalenti c’è il bisogno di provvedere al coordinamento della nuova misura, comprensiva degli accorgimenti attuati per i provvedimenti sui ristori che potrebbero essere ancora statuiti dal Parlamento, per venire incontro alle esigenza di una o dell’altra categoria, rimasta fino a questo punto esclusa dai contributi stanziati. Difatti, sono quattro i decreti approvati dall’esecutivo con l’ultimo testo.
Per esigenze di procedura (facilmente comprensibili) sono stati accorpati mediante opportuni emendamenti. Le risorse mobilitate arrivano complessivamente a 18 miliardi di euro. Il fatto è che, in qualunque circostanza, gli interventi ulteriori non perverrebbero in tempo utile per l’anno in corso, entrando in vigore nel mese di dicembre. Proprio per le esigenze che le Camere rileveranno in fase di conversione, il medesimo decreto Ristori Quater destina una dote di 600 milioni di euro, in linea con la prassi abitualmente seguita per la Legge di Bilancio.