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Donare casa a un figlio, il Fisco ti sorveglia! Come evitare grane

Persino un gesto generoso e naturale qual è l’atto di donare casa a un figlio può celare alcune complicazioni. Delle insidie, derivanti dall’Agenzia delle Entrate e dagli altri eredi. Se poi ci aggiungiamo quanto sia per difficile per il donatario rivendere l’immobile prima che siano passati 10 anni dalla morte del donante o 20 anni dalla donazione, il quadro si fa ancora più delicato. Ecco perché di solito si preferisce interpellare un notaio, così da chiedergli come donare in sicurezza casa a un figlio. In questa guida proveremo a fornire dei pratici consigli che probabilmente risulteranno utili o, quantomeno, permettano di farsi un’idea di massima sul modo in cui muoversi e far valere i propri diritti. 

Quali sono gli step per procedere alla donazione della casa

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Donare a un figlio una casa di cui si detiene già la proprietà o da acquistare è possibile secondo legge. Nella prima circostanza, occorre rivolgersi a un notaio e procedere al passaggio di proprietà, dove le imposte sono a carico del donatario. La soluzione in oggetto non provoca il benché minimo problema in ottica tributaria. Insomma, si può dormire sonni tranquilli.

Al contrario, laddove si decida di acquistare una casa per un figlio oppure gli si voglia regalare la somma da corrispondere al venditore per l’atto di compravendita, sarà opportuno prendere qualche accorgimento. Difatti, il Fisco potrebbe dedurre la sussistenza di una disponibilità economica in capo all’acquirente – quella necessaria a sostenere il costo dell’immobile – che egli formalmente non ha oppure non ha dichiarato.

Basti pensare al caso della donazione di una casa a un figlio con un reddito particolarmente basso o disoccupato. Allora sarà bene conservare le prove della provenienza del denaro. Pertanto, in caso di diretto pagamento al venditore, il genitore avrà l’onere di conservare le matrici degli assegni oppure di eseguire con bonifico bancario il versamento. Se, invece, la somma da versare in seguito al venditore viene accreditata al figlio, il genitore dovrà avvalersi di strumenti tracciabili, vale a dire bonifico bancario o comunque assegni non trasferibili. Ne consegue che il ricorso ai contanti è assolutamente da escludere, onde evitare di incorrere in inutili problemi con l’AdE. 

Come evitare problemi con gli altri eredi

testimone passato

Un’ulteriore complicazione potrebbe derivare dalle contestazioni eventuali con gli altri eredi del donante. Com’è risaputo, il quadro legislativo prevede di assegnare ai familiari più vicini – i c.d. legittimari – il diritto a percepire una minima quota del patrimonio del de cuius. Il defunto non potrà sottrarla loro né con donazioni fatte in vita (in favore di associazioni, parenti, amici, ecc.) né con altre disposizioni testamentarie (ad esempio, lasciando la totalità di beni esclusivamente ad alcuni eredi). 

Ecco perché la normativa attribuisce agli eredi legittimari (figli e coniugi) la possibilità di recuperare la quota di legittima che sia stata loro sottratta. Ciò purché la relativa domanda sia avanzata entro 10 anni dalla scomparsa del coniuge o del genitore. Se poi non sono passati più di 20 anni dalla donazione, la loro azione può rivolgersi pure nei riguardi di un terzo eventuale, che abbia acquistato la casa del donatario, ottenendo pertanto da egli la restituzione dell’immobile. 

A causa del rischio di subire l’azione dei legittimari sfavoriti nella quota di legittima, difficilmente gli istituti di credito finanziano l’acquisto di un immobile proveniente da una donazione. Il donatario troverà, di conseguenza, parecchi ostacoli nel vendere il fabbricato prima di 10 anni dal decesso del donante. Come ovviare al problema? C’è la facoltà di siglare una polizza fideiussoria che copra l’acquirente dal rischio della rivalsa degli eredi. In via alternativa, a questi ultimi si può far firmare una rinuncia all’azione di riduzione della legittima, cioè un atto dove dichiarino esplicitamente di non avere nessuna intenzione di contestare la divisione del patrimonio compiuta dal donante.

Tuttavia, una rinuncia del genere è effettuabile esclusivamente in seguito alla morte del donante e mai prima. Questo semplicemente perché la rinuncia da parte dei coeredi non ha valore nel caso in cui faccia riferimento a un bene che non è ancora di loro proprietà. Quindi, la rinuncia da parte dei coeredi ha validità solo successivamente all’apertura delle pratiche, ovvero successivamente alla morte del donante. Proprio in tale momento questi possono, infatti, agire in giudizio per rivendicare la propria quota di legittima spettante di diritto, pure sull’immobile che il genitore ha provveduto a conferire in donazione. 

Simulazione atto di vendita

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Per evitare tutti questi grattacapi, talvolta il genitore, anziché effettuare una donazione al figlio, simula un atto di vendita. Occhio, però: comporta rischi. La falsa vendita può essere rilevata se non dovesse esserci traccia di nessun pagamento del prezzo e il prezzo dovesse apparire simbolico o irrisorio rispetto a quello effettivo di mercato. Vale il medesimo discorso nel caso di strani movimenti di denaro dai due conti: si pensi, fra l’altro, al pagamento e alla restituzione della somma accordata. In sostanza, per evitare l’azione degli eredi occorrerà che la vendita non sia apparente ma effettiva: vi deve essere cioè un reale ed effettivo flusso di denaro dal figlio al genitore. 

Qualora si prediliga adottare una metodologia più sicura, così da scongiurare l’azione di lesione della legittima, la risposta vincente è riconoscere una o più donazioni a ognuno degli altri eredi legittimari, in modo da soddisfare in forma anticipata le relative spettanze di legittima. Succede così che, già prima del decesso, un genitore divida tra i figli, con atti di donazione, il suo patrimonio. Comunque, al fine di evitare errati conteggi, sarà sempre più appropriato consultare un notaio, un professionista esperto in questo genere di pratiche burocratiche. 

Infine, c’è un ultimo modo per donare in sicurezza la casa a un figlio, con il consenso di tutti gli eredi. Il genitore trasferisce l’immobile intero a ciascuno dei propri figli, riconoscendo singolarmente una quota: la minima che la legislazione riserva loro per la legittima, assegnando la residua e maggiore quota al figlio, che dovrà diventarne l’esclusivo proprietario. In fase della stipulazione dell’accordo, gli eredi titolari della quota minore vi rinunciano, dinanzi al notaio, trasferendo al fratello il bene intero. Così facendo, non avranno più la possibilità di contestare l’atto di rinuncia che hanno eseguito.