In caso di contestazione dell’Amministrazione finanziaria di fatture false per operazioni oggettivamente inesistenti (ovvero sulla base di solidi indizi), è onere del contribuente provare e documentare l’effettivo rispetto delle regole.
Non è sufficiente limitarsi alla semplice esibizione della fattura o alla regolarità formale della scritture contabile. È quanto ha sancito la Corte di Cassazione mediante Ordinanza 16650/2020.
Fatture false: respinto il ricorso di una società
La vicenda legale è nata dal ricorso presentato dal socio di una società, in contrasto ad un avviso di accertamento per il maggior reddito calcolato; derivante dalla contestazione di indeducibilità di costi registrati dall’azienda attinenti alle fatture di acquisto riconducibili ad operazioni giudicate inesistenti. L’Ufficio ha pertanto presunto una distribuzione in capo ai soci della compagnia sotto esame dei maggiori utili conseguiti.
Il ricorso è stato respinto sia dalla CTP che dalla CTR. Stando alla loro ricostruzione la ditta emittente non aveva idonea struttura a giustificare le operazioni eseguite e la documentazione prodotta risultava ininfluente a carattere probatorio. Il ricorrente si è così appellato alla Suprema Corte, lamentando ai giudici che, nelle presunzioni poste a base delle sentenze sfavorevoli, non è stata esplicitata la presenza dei caratteri di concordanza, gravità e precisione.
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondate le ragioni e ha rigettato il ricorso. Nella controversia in commento è tornata a pronunciarsi sul tema del bilanciamento dell’onere probatorio, tra contribuente ed ente impositore, in caso di contestazione avente ad oggetto operazioni ritenute non sussistenti.
Spese processuali a carico della parte sconfitta
Nel caso di specie, la Commissione tributaria regionale, dopo aver ritenuto sufficienti gli elementi addotti dall’Ufficio finanziario per considerare inesistenti le operazioni imputate, ha respinto la prova contraria usata dal contribuente, inidonea a giustificare le operazioni contestate dall’Ufficio.
Nel dettaglio, la società emittente è stata dichiarata fallita e non godeva dunque di una struttura necessaria a motivare le prestazioni compiute. Da qui il rigetto della domanda, con condanna al pagamento delle spese processuali a carico della parte ricorrente.