CCSNews
buca stradale

Buca stradale, quando spetta il risarcimento? Interviene la Cassazione

Se c’è una cosa che proprio i guidatori non sopportano è trovare, mentre sono in marcia, una buca stradale. Come consolazione c’è quantomeno il fatto che hanno diritto al risarcimento, ma occhio perché talvolta esso non viene accordato. A metterlo nero su bianco è stato in molteplici occasioni la giurisprudenza. In tempi recenti, la Corte di Cassazione ha ripreso in mano tale argomento, delineando i confini e i limiti all’indennizzo per l’automobilista la cui vettura finisce in una voragine che si è aperta sul manto stradale. L’ordinanza della Suprema corte, di cui parleremo di seguito, detta quando è possibile conseguire il risarcimento per la caduta in una buca.  

Risarcimento per buca stradale: il principio fondamentale

Il principio di base – si legge sul portale La Legge per Tutti – è piuttosto elementare: pedoni e guidatori devono sempre prestare la massima attenzione nel momento in cui attraversano la strada. È fondamentale prestare accortezza, ciò poiché, indipendentemente dalle condizioni della strada, al cittadino è sempre richiesto un minimo di diligenza. Pertanto, chi per sua negligenza sprofonda in una buca stradale non può presentare all’ente gestore del tratto la domanda di risarcimento. 

D’altra parte, è vero che l’amministrazione che ha il suolo pubblico in gestione ha l’onere di sottoporlo a costante manutenzione, impedendo eventuali danni a terzi. A tal riguardo, il Codice civile stabilisce con l’art. 2051 una responsabilità oggettiva facente capo al custode della cosa. Egli è sempre responsabile per i danni arrecati a terzi, anche se non dipendenti da sua colpa o dolo. Tradotto: ha l’obbligo di risarcire ogni danno cagionato dalla strada stessa ai cittadini, pure qualora l’evento sia accaduto non intenzionalmente. 

Buca stradale: gli estremi del caso fortuito

L’unica ipotesi in cui non è dovuto il risarcimento è nel momento in cui si configurano gli estremi del caso fortuito, vale a dire dipenda da un fatto inevitabile e imprevedibile per il gestore della strada. Il caso fortuito per eccellenza è quello del guidatore o del passante che, distratto, non si accorge della voragine sull’asfalto. 

Dunque, alla luce della situazione sopra illustrata, siamo in grado di tirare le prime conclusioni. 

La Pubblica Amministrazione ha il compito di risarcire i danni da caduta in una buca stradale, esclusivamente quando essa rappresenta un’insidia, ossia un ostacolo non facilmente visibile da parte del danneggiato. Difatti, costui ha il compito di tenere un comportamento diligente e prudente, prestando attenzione al manto stradale. Come abbiamo già detto, la sua distrazione costituisce il caso fortuito più comune, che solleva l’ente da ogni responsabilità e impedisce conseguentemente di ottenere il risarcimento del danno. 

Quanto più è grande la buca stradale, tanto più è visibile. Ciò significa che con un minimo di diligenza l’eventuale caduta può essere evitata agevolmente. Sicché, in tali circostanze, il risarcimento è escluso a priori. 

Conta anche la visibilità

Al contrario, la buca piccola o nascosta risulta maggiormente insidiosa, poiché poco visibile. Nella casistica in questione il risarcimento è scontato. Anche l’orario dell’incidente e l’illuminazione del luogo hanno un peso specifico sulla sentenza emessa del giudice. Pertanto, se l’incidente accade in piena notte lungo una strada poco illuminata, è possibile ricevere il risarcimento pure in presenza di una buca di dimensioni meno modeste. Se, diversamente, l’incidente accade di giorno, la buca di grandi dimensioni non dà la possibilità di conseguire il risarcimento, poiché visibile e, di conseguenza, facilmente evitabile.

Gli oneri di prova a carico di ambo le parti

Nel caso del conducente di un veicolo (auto, moto o motorino) è essenziale pure determinare la velocità di crociera: se non consona al luogo e alle concrete condizioni della strada, la possibilità di risarcimento si riduce. Per ottenerlo il cittadino ha l’onere di essere caduto e di essersi fatto male. Ma ciò non è abbastanza. Egli deve, inoltre, provare che la caduta, e dunque i danni, siano unicamente dipesi dalla buca e non da altre eventualità (ad esempio lo spintone di un passante o lacci slacciati). È ciò che nel gergo tecnico si definisce “rapporto di causalità”. Una prova del genere è sempre assai difficoltosa e, il più delle volte, si concretizza in una prova testimoniale. In altri termini, un testimone deve poter dichiarare di aver visto il danneggiato cadere nella buca a causa della buca stessa e non di altre circostanze.

Sul versante opposto, l’amministrazione convenuta decisa a non corrispondere il risarcimento ha l’onere di dimostrare il “caso fortuito” cioè la negligenza dell’infortunato. Negligenza che, come spiegato sopra, si dimostra con la prova della visibilità e della dimensione della buca (quanto più è visibile e grande, tanto più è complicato per il danneggiato sostenere di aver adottato un comportamento diligente).