Se il politico arraffone e accattone e da voltastomaco si pappa i 600 euro di bonus, da sommare ai 13.000 euro mensili di stipendio da parlamentare, l’Inps che fa? Per la legge sulla privacy, non tira fuori i nomi dei parlamentari. Ma qui interviene a gamba tesa il Garante privacy: in relazione alla vicenda del bonus Covid, precisa che la privacy non è d’ostacolo. Sì alla pubblicità dei dati relativi ai beneficiari del contributo.
Il bonus da 600 euro destinato a partite Iva, co.co.co, liberi professionisti. Chi s’è pappato i 600 euro in Parlamento non viveva in una condizione di disagio economico-sociale. A causa della funzione pubblica svolta, le aspettative di riservatezza si affievoliscono. Ci sono obblighi di pubblicità della condizione patrimoniale. Questo il primo affondo del Garante. Su 5 che l’han chiesto, 3 l’hanno ottenuto. Sono 600 euro per i mesi di marzo e aprile. E da 1.000 per il mese di maggio.
Per evitare di violare le garanzie di privacy, il responsabile dell’Istituto, Tridico, potrebbe essere chiamato a riferire in Parlamento, nell’ambito di un’audizione secretata in commissione Lavoro. Situazione paradossale: ne parla al Parlamento. Di nascosto, in segreto. Proprio quel Parlamento dove ci sono 5 persone che han fatto richiesta. Un cortocircuito istituzionale.
Il Garante comunica inoltre che sarà aperta un’istruttoria. Obiettivo: capire la metodologia seguita dall’Inps rispetto al trattamento dei dati dei beneficiari e alle notizie al riguardo diffuse. La questione s’ingrossa nel tempo, con l’errore madornale dei 5 deputati di non uscire allo scoperto dando le dimissioni. Più passa il tempo, più morbosa l’attenzione dei media sui 600 euro. Il Governo Conte, sotto il profilo economico-politico, si gioca la faccia: la Cig straordinaria ha funzionato poco e male. La nuova norma sui prestiti bancari garantiti dallo Stato richiede un’istruttoria con tempi spesso lunghissimi.