Entro marzo 2021, FCA e PSA si sposano: la famiglia si chiamerà Stellantis. Da una parte Fiat Chrysler Automobiles; dall’altra Peugeot (con Citroën, DS e Opel). Risultato, il terzo gruppo automotive al mondo. In grado di produrre e vendere oltre dieci milioni di veicoli l’anno.
L’obiettivo di Stellantis è semplice: unirà la dimensione di un gruppo veramente globale con una straordinaria ampiezza e profondità di talento, know-how e risorse per fornire le soluzioni di mobilità sostenibile dei prossimi decenni. Tutto questo però, come in qualsiasi altro contesto business, dà fastidio a qualcuno. Prima, sul web, è uscita questa notizia: la crisi del Covid avrebbe reso impossibile la fusione tra Groupe PSA e FCA. In realtà, il lavoro di entrambi i team per portare a termine la fusione è proseguito a ritmo sostenuto e prevediamo di raggiungere il target di diventare un’unica società entro il primo trimestre 2021. Le approvazioni antitrust sono già state ottenute in dodici delle ventidue giurisdizioni coinvolte.
Poi, qualcun altro ha detto che l’indagine avviata dalla Commissione europea (per capire se nel settore dei commerciali Stellantis sia troppo forte) fermerà tutto. In realtà, non potrà causare ritardi nelle tempistiche della fusione. Tanto che, a inizio luglio, FCA e PSA hanno fatto un ulteriore importante passo annunciando che il nome del nuovo gruppo derivante dalla fusione.
Infine, la voce secondo cui i fornitori italiani resterebbero a bocca asciutta perché FCA userebbe piattaforme PSA per costruire: e PSA userebbe solo fornitori francesi. In realtà, FCA ha fatto solo un accordo con PSA a prescindere dalla fusione, e i fornitori che vinceranno non avranno bandiera: nessuna preclusione.