Il Governo ha lasciato aperte le discoteche e i confini da cui sono entrati gli immigrati: risultato, contagi di Covid in aumento. Poi ha chiuso le discoteche, quando ormai era tardi: dopo Ferragosto. Adesso, lo stesso Governo vuole aprire le scuole. La preparazione a questo evento è pari quasi allo zero, nonostante 8 mesi di pandemia: tempo per organizzarsi ce n’era. La conseguenza possibile è un rischio crollo economico da secondo lockdown. Ci richiudiamo tutti in casa e stavolta per l’economia sarebbe una mazzata mortale.
Dopo il Cts, il Comitato tecnico scientifico, sono i presidi delle scuole a chiedere chiarezza, e interventi urgenti, per consentire a settembre una riapertura in sicurezza delle scuole. C’è un secondo guaio economico: chi paga se esplode il contagio fra i ragazzi nelle scuole. I presidi di soldi da sborsare e di responsabilità di vario genere non ne vogliono sentire parlare.
L’Anp, l’Associazione nazionale presidi, dice che, se ci sarà un caso positivo all’interno di una scuola, bisognerà valutare la chiusura dell’istituto solo di concerto con l’autorità sanitaria. Non ci possono essere regole generali né ci si può affidare esclusivamente a parametri numerici. Mancano i banchi singoli, mancano strutture adeguate. Attenzione, aggiungiamo, che qui si va incontro a un incubo. Esiste la scuola a distanza come soluzione: occorre essere moderni e veloci.
I presidi chiedono giustamente di predisporre un locale interno a ogni istituto scolastico per l’accoglienza degli eventuali casi sintomatici di coronavirus o sospetti. Se no, il possibile contagiato sta in classe e infetta gli altri: è un attimo. Il covid è equiparato a un incidente sul lavoro. Se il dirigente scolastico attua il protocollo sanitario allora non gli si deve imputare nulla. E comunque, chi paga le mascherine? Sono da usare poco: o si lavano o si buttano. Chi rifornisce i ragazzi? Il 18 agosto siamo ancora qui a non avere risposte. È francamente imbarazzante.