Secondo il Sole 24 Ore, i mesi di assenza da scuola possono costare lungo l’arco della vita lavorativa fino a 21.000 euro per studente, in termini di minori redditi futuri. Se moltiplichiamo questa cifra per gli 8,4 milioni di studenti, arriviamo a un costo potenziale del coronavirus nei prossimi decenni pari al 10% del Pil.
Con la pandemia, la scuola è andata ko in Italia. All’inizio, una cosa normale. Poi però lo Stato e il Governo Conte dovrebbero attrezzarsi. Come esiste lo smart working, si mette in piedi anche la smart school. Si fa scuola da casa in modo strutturato e organizzato.
Le soluzioni sono la didattica a distanza, il distanziamento sociale, la riduzione del numero di studenti per classe, l’uso delle mascherine, gli ingressi e le uscite a scaglioni, la concentrazione dell’insegnamento sulle materie chiave per quella scuola: dipende dal tipo di istituto e dall’indirizzo. Non in emergenza. Che c’è a febbraio. Il 17 agosto, come nel resto dell’Unione europea, si parte organizzati.
Col lockdown, si era tutti disorganizzati. Normale. Però ora c’è tempo e spazio, dopo 8 mesi dalla scoperta del Covid, si ha la possibilità di migliorare. Il ritardo della nostra scuola verso la scuola del Nord Europa, verso i Paesi frugali, è già notevole. Non è il caso di aggravarlo. Viceversa, si può tranquillamente fare a meno del calcio giovanile: quella generazione di 16enni si brucia. Non riuscirà a emergere, causa lockdown. Non importa: quel che conta è la scuola. Anche perché esistono altri sport da fare, dove il contatto fisico non c’è.