Ankara avverte Atene di non superare i limiti consentiti alla militarizzazione dell’isola: il gas causa una nuova guerra nel Mediterraneo Orientale. Al di là di falsi motivi etici, come ogni guerra, anche questa potrebbe essere scatenata da ragioni puramente economiche. Esiste in quella zona una sfrenata corsa ai giacimenti di gas scoperti negli ultimi anni.
Così, rivalità e contenziosi territoriali sono esplosi. Prima erano sopiti? Neppure per idea. Ma prima c’erano solo ragioni geografiche e politiche: ora di mezzo vi è il denaro, ossia il controllo del gas. Se il petrolio è stata la spinta di guerre tecnologiche recenti, adesso il protagonista nel Mediterraneo Orientale è il gas.
Al centro di tutto Kastellorizo, l’ultimo avamposto greco che infiamma lo scontro con la Turchia. La favolosa isoletta minuscola del Dodecaneso, 12 chilometri quadrati, venne restituita dall’Italia alla Grecia dopo la Seconda guerra mondiale. Problema: è a due chilometri dalla costa meridionale turca. Grecia e Turchia se la contendono. Tecnicamente, Atene la usa per definire la sua piattaforma continentale e quindi la sua zona economica esclusiva. Ankara vuole basarsi sulla distanza dalla sua lunga fascia costiera e rivendica il controllo delle acque immediatamente a Sud di Katellorizo.
Se ascoltate le parole del presidente turco Recep Tayyp Erdogan, avrete le idee più chiare: c’è la volontà di incatenarci alle nostre coste. Questo ignora i 780mila chilometri quadrati della Turchia: un’ingiustizia. Per Erdogan, oltre al controllo del gas, esiste anche una questione d’immagine a livello nazionale e internazionale: vuole mostrarsi forte, un uomo che difende la propria patria. Al contempo, sia l’atteggiamento di Erdogan sia una eventuale guerra nel Mediterraneo Orientale allontanerebbero la Turchia dall’Unione europea. Facendo vincere ancor più la cancelliera di ferro, la Merkel, che osteggia l’ingresso turco in Ue.