Open innovation: innovazione aperta. Se hai il cervello chiuso, in azienda ascolti solo quei due asini di raccomandati che hai accanto: il destino è la morte economica post Covid. Con la depressione come amica. Se hai la mentalità aperta, fai open innovation: un nuovo approccio strategico e culturale. Cioè? Le imprese scelgono di ricorrere a idee esterne, soluzioni dei collaboratori brillanti, strumenti e competenze tecnologiche che arrivano da fuori. Così creano più valore e competono sul mercato.
Con l’open innovation, ascolti uomini e donne brillanti, startup, università. Ma anche istituti di ricerca, fornitori, inventori. Oppure programmatori, consulenti. Persone che hanno dimestichezza col web, che sanno come sfruttare Internet.
Tutto deriva da Henry Chesbrough, economista e autore statunitense: l’Einstein dell’economia. Ha scritto il libro intitolato proprio “Open Innovation: The New Imperative for Creating and Profiting from Technology”. Che è stato pubblicato nel 2003 dalla Harvard Business School Press.
I talenti puoi anche non guardarli mai in faccia né incontrarli de visu: c’è Internet, abbiamo i social, le email. Tutto alla rapidità della luce. Ovviamente, serve apertura mentale da chi va alla ricerca di creativi fuori dall’azienda: l’antico modo di pensare secondo cui si cerca di uscire dai guai tramite amici degli amici, oggi vale ancora meno di ieri. La pandemia di coronavirus ha rivoluzionato il mondo, e chi non apre la mente, resta indietro senza speranza. Il tutto condito da un sistema premiante: i contratti identici per tutti i muli non funzionano; i più meritevoli vanno portati in palmo di mano. E anche il Governo Conte dovrebbe trovare gli strumenti per spingere le aziende italiane in quella direzione. La crisi di Covid come opportunità per essere più forti.