Editoria tradizionale in crisi: il cartaceo tira molto meno con l’avvento di Internet. Ma le notizie sul web rendono agli editori? Ci si interroga sulla strada da percorrere. Si punta a news online a pagamento: 100 milioni di persone nel 2030 sborseranno denaro per leggerle, secondo Meredith Kopit Levien, manager da qualche settimana alla guida del New York Times.
Ma serve qualità. Se la forma è orribile e il contenuto orripilante (come accade spesso), nessuno compra le news online. Se i mass media tradizionali sono i primi a diffondere fake news, tutto diventa complicato. L’editore si deve avvalere di giornalisti che sappiano fare il proprio mestiere, pagandoli in modo adeguato. Un circolo virtuoso. Contro il circolo vizioso di oggi: giornalisti pagati pochissimo, informazione scadente, e introiti nulli o quasi.
Attenzione a quando dice Tony Hall, ex dg della Bbc e presidente della European Broadcasting Union: c’è una pandemia di fake news. L’unico modo per reagire è la corretta informazione. Per il presidente della Rai Marcello Foa, i media nel servizio pubblico tendono a essere lenti, “perché siamo molto strutturati. Dobbiamo imparare a diventare dinamici, a reagire in modo molto veloce a quello che succede nel mercato e al sentimento che cambia nel Paese”.
Per Kopit Levien, il Nyt ha la possibilità di assorbire un quarto di questo mercato. A oggi il quotidiano Usa è il gruppo di news in lingua inglese con il maggior numero di abbonamenti solo digitali: 5,7 milioni alla fine di giugno. Su un totale, compresa la stampa, di 6,5 milioni di sottoscrizioni. Ossia il 6% di quel mercato. Dice a pressgazette.co.uk. In parallelo, nel rispetto delle regole e col consenso del lettore, si possono utilizzare i dati degli abbonati per un’offerta pubblicitaria su misura. Operazione difficile, anche perché le inserzioni pubblicitarie devono essere il meno invadenti possibile.