I lavoratori precoci sono tutti coloro che sono entrati nel mondo del lavoro prima di aver compiuto i 19 anni. A loro è concessa la facoltà di uscire in via anticipata dal lavoro attraverso la cosiddetta pensione Quota 41, una misura che prevede precisi requisiti e tutele.
Per accedervi è, infatti, necessario il versamento di un anno (52 settimane) di contributi (versati anche in modo non continuativo), un’anzianità di 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica e che l’individuo presentante richiesta rientri in almeno una delle seguenti categorie:
- Svolga mansioni usuranti e gravose
- Abbia una percentuale di invalidità pari o superiore al 75%
- Assista da almeno sei mesi un familiare con handicap grave, ai sensi della legge 104 art. 3 comma 3
- Sia disoccupato ed abbia terminato di percepire il NASpI (indennità mensile di disoccupazione) da tre mesi
Il decreto legge 4/2019 (c.d. “decretone pensioni e reddito di cittadinanza”) ha introdotto finestre mobili trimestrali dalla maturazione dei suddetti requisiti. In altre parole, per percepire il primo rateo pensione il lavoratore deve attendere tre mesi.
Si profila una situazione complessa nel caso in cui il lavoratore o i lavoratori precoci, perso il posto e terminato di percepire la NASpI da almeno tre mesi, non abbiano ancora raggiunto i 41 anni di contribuzione indicati.
Allo stato attuale l’unico modo di arrivare a maturarli, se non è possibile trovare altra occupazione, consiste nel versare i contributi volontari, utili a tutti gli effetti al pensionamento. I contributi volontari non sono retroattivi e sono versati per il periodo in corso.
In alternativa, c’è la possibilità di accedere alla Rendita Integrativa Temporanea Anticipata. Detta più comunemente RITA, essa permette di percepire una rendita fino alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia.
A chi è disoccupato da almeno 2 anni è richiesto un anticipo di 10 anni, purché abbia versato almeno 5 anni in un fondo pensione.