Trauma Covid: i numeri sulla disoccupazione fanno paura. Sentiamo Ivana Veronese, segretaria confederale della Uil: i posti di lavoro a rischio nel 2020 sono tra i 530mila e i 655mila. Sempre che resti il blocco dei licenziamenti e della proroga a tutti i settori degli ammortizzatori sociali fino alla fine dell’anno.
Ma se questi ammortizzatori venissero meno? La forbice per la disoccupazione si alzerebbe tra i 650mila e gli 850mila posti. Insomma, si schizza facilmente al milione di licenziati. O mandati via o persone che restano a piedi perché l’azienda chiude. Occhio poi a tutto quello che ruota attorno alle aziende morenti: l’indotto. A che numeri vertiginosi si arriva?
Tutto questo viene fuori prendendo in esame i dati macroeconomici contenuti nel Def (Documento economico finanziario) 2020. Più l’ultimo rapporto della Banca d’Italia. Più le stime di crescita dell’Ue e dei maggiori istituti. Nonché i dati sulle comunicazioni obbligatorie riferite ai rapporti di lavoro attivati e cessati. Senza contare l’andamento delle aperture e chiusure delle imprese nel secondo trimestre del 2020.
Esiste un’enorme instabilità, con le imprese che devono cambiare, trasformarsi, digitalizzarsi, puntare di più sul web. Non è per nulla facile. Molto dipenderà anche dalle capacità dei manager di cambiare pelle in fretta, purché sia una dirigenza capace e non arrivata lassù grazie a raccomandazioni.
E non si può neppure lontanamente pensare che tutti i disoccupati in più possano vivere col reddito di cittadinanza: sarebbe un peso enorme per lo Stato, coi Paesi frugali dell’Unione europea che ci giudicherebbero molto male.