Come classe politica, siamo a uno dei livelli più bassi della nostra storia: è anche per questo che i cervelli fuggono dall’Italia. A caccia di Paesi dove ci siano più occasioni. Ma ora il fisco si muove. Per i cervelli di ritorno nel Belpaese dopo la fuga, meno tasse. I ricercatori italiani residenti all’estero nel caso in cui ritornino a lavorare in Italia godono dell’agevolazione fiscale per 5 anni. Che sale a 10 anni anni qualora abbiano a carico almeno 2 figli minori. L’agevolazione fiscale consiste nell’esclusione dalle tasse del 90% degli emolumenti.
Così ha sancito la risposta a interpello 274 dell’Agenzia delle entrate. Ovviamente, parliamo di chi ha svolto documentata attività di ricerca o docenza all’estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università. Per almeno 2 anni continuativi. Servirà poi la residenza fiscale nel territorio dello Stato.
E c’è una buona notizia, legata a questo. I giovani trasferitisi all’estero per cogliere opportunità occupazionali sono pronti a rientrare in Italia. Chiaramente, è forte la consapevolezza che la crisi creatasi con la pandemia di coronavirus avrà tempi lunghi. Lo dice la ricerca “Covid-19 – L’impatto sui giovani talenti”, condotta dal Centro Studi PWC. Su iniziativa congiunta di Talents in Motion, PWC e Fondazione con il Sud. Attraverso la piattaforma Linkedin.
L’obiettivo dello studio era comprendere come la pandemia abbia influenzato stili di vita, percorsi professionali e aspettative dei talenti italiani con un profilo internazionale. Talenti che spesso scappano dal Meridione. Impoverendo vieppiù l’area già di per sé depressa. Non è giusto: il Sud, terra meravigliosa e patria di talenti sconfinati, va aiutato.