I 45 bonus del Governo non piacciono, a nostro giudizio, all’Unione europea. Specie ai Paesi frugali. Sono stati introdotti per far fronte all’emergenza sanitaria da Covid, ma presentano almeno 3 difetti. Anzitutto, legali, avvocati, commercialisti, notai non riescono a interpretare le normative, piene di cavilli, rimandi, eccezioni, esclusioni, richiami a normative. Secondo: spesso, non entrano subito in vigore. Servono decreti ministeriali, provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate e risoluzioni dell’Agenzia. Morale, su 45 bonus, forse ne sono in vigore 15. Terzo: circolari, comunicati, faq e messaggi dell’Agenzia entrate e dell’Inps/Inail cercano di interpretare leggi complicatissime.
In generale, fanno assistenza e non spingono l’economia. Peccato, è stata persa una grande occasione. Specie sul lato automotive: 500 milioni, con soldi destinati soprattutto a un mercato poco acceso in Italia, come quello delle auto elettrizzate. Si poteva puntare fortissimo sullo smart working: risparmi notevolissimi sia per il dipendente sia per l’azienda. Ma non c’è stato niente da fare.
Uno strano vizio, questo del Governo, di non essere chiaro: lo stesso accadde con le auto-giustificazioni per circolare durante il picco della pandemia. Normative oscure e soggette e mille interpretazioni. Dal bonus per le partite Iva al bonus vacanze, passando per quello per baby sitter, fino al più recente “bonus dei furbetti”: il colmo. Soldi anche a chi guadagna 13.000 euro al mese.
Infine, se si legifera con sempre decreto, si resta appesi al nulla. C’è incertezza ptra entrata in vigore del decreto ed eventuale conversione in legge: emendamenti a pioggia cambiano i decreti, con una legge che alla fine è diversa dal decreto.